LA CULLA E LA CROCE BETLEMME E GERUSALEMME a cura di mons. Lucio Renna
LA CULLA E LA CROCE BETLEMME E GERUSALEMME
A cura di mons. Lucio Renna
Due inscindibili binomi, se ci riferiamo a Cristo, Verbo eterno dal Padre. Non si possono assolutamente separare, se intendiamo entrare, sempre di più, nel mistero di Colui che, coronato di spine, flagellato, inguardabile per le ferite procurategli dai carnefici, sale sulla Croce piantata sul Golgota. Festeggiato dai semplici e dai Magi, ma già perseguitato dal tiranno di turno, alla nascita; prima osannato e poi beffeggiato e schivato dal popolo mentre agonizza in Croce. Come puoi, tu anima devota, scindere questi due eventi, senza cadere nella confusione relativamente all’insondabile mistero di Cristo? Forse ti fa comodo separare i due misteri sì da festeggiareNatale, e affliggerti Venerdì Santo. Ma tieni in mente che anche il Natale, se è festa per noi, non lo èper Lui che nasce in una greppia di stalla dirupata e, pur osannato dai pastori e dai magi dell’Oriente, deve emigrare con Maria e Giuseppe in Egitto per sfuggire alle grinfiesanguinose di Erode che lo vuole uccidere, insieme ai bimbi innocenti da due anni in giù. Il Natale è Solennità grande perché “Verbum caro factum est”; ma, tranne quella della folla, degli ultimi, dei semplici e dei poveri, non ci fu una gran bella accoglienza. Non c’era posto per Lui nelle case dei ricchi, nei caravanserragli, nelle taverne, e tanto meno nei palazzi dei ricchi; non c’era posto per Lui, per la Puerpera e il padre putativo, il falegname Giuseppe, anche se costui era di stirpe davidica. Intorno a tale mirabile evento, nel corso dei secoli, si è andata costruendo una fantasmagorica festa, scintillante, farcita di regali che ci si scambia tra umani, di iniziative ludiche: tutto sarebbe buono e bello, se non facesse dimenticare il “Festeggiato” (relegato nelle statuine di presepi posti ai piedi di alberi natalizi sotto cui verranno deposti i doni di “Babbo Natale”: di costui, personaggio di fantasia, ci si ricorda, eccome!!!
Ma – diciamo – sfugge il significato dei due binomi iniziali che titolano queste riflessioni, e, al più, qualcuno se ne ricorda ma continua a separarci. Sicché Natale è solo e ovunque festa, ma senza festeggiato tranne nelle Chiese, sempre più vuote e in alcune case, che diminuiscono di anno in anno, dove ancora si vive aria di famiglia che non si vergogna di riunirsi davanti al presepio. La culla di Betlemme fa tenerezza; la Croce di Gerusalemme fa paura e ci si impone quasi di dimenticarla. Di conseguenza, ci fermiamo allo splendore di una stella e ci lasciamo andare sempre di più, di anno in anno, al gaudio vuoto di mistero che riempiamo “di profumi e balocchi”, slitte che scivolano sulla neve o volano nel cielo bugiardo che permette a un fantomatico “Babbo Natale” di sostituire un “bambino divino” che non vediamo più tremare e rende inutili le parole di S. Alfonso de’ Liguori: “O Dio beato, ahi! quanto ti costò l’avermi amato”. Di culla in tensione verso la Croce, manco a parlarne. Ci mancherebbe altro! Affascinati da un “White Christmas” inventato da operazioni di mercato, cioè di vendita e acquisto di guizzi di gioie stantie già al loro nascere e sostituite da altri fragili allettamenti, come si può perder tempo a pensare a Colui che mette in crisi le coscienze? Ancora oggi, come gli albergatori di quella notte ormai lontana nel tempo e sfumata nelle coscienze e nei cuori degli umani, a quella notte che non interessa più le grandi masse umane e, perché non, anche cristiane. Costatazione, questa, che – non so come mai – richiama alla memoria una frase di una canzone di Gabriella Ferri “Sempre, sempre”; e la frase parla di “un vecchio ritornello che nessuno canta più”. Non alludo ai canti natalizi, tanti e belli, ma a quella massa di pseudo credenti che hanno dimenticato il “Mistero del Natale”. Indubbiamente, tanti credenti, tante anime consacrate (religiosi, religiose, claustrali, eremiti, tanti ministri ordinati) ricordano e vivono il mistero di un Dio che si incarna e si fa in tutto simile a noi, allo scopo di farci simili a Lui. Costoro richiamano l’immagine del “resto di Israele” (minoranza di fede viva). A quell’umanità guardo, distratta, incantata da coreografie che fra pochi giorni spariranno, e affascinata da tutto quanto il mercato offre per fare un “Merry Christmas”; farlo in maniera più scintillante che si possa. In altre parole, a coloro che fanno festa e – come asserivo prima – non sanno o hanno dimenticato il festeggiato. Nel mio cuore, auguro di riscoprire la insondabile ricchezza del Mistero di Betlemme, che si espande sempre più fino a raggiungere tutti e tutte fino ai confini della Terra. Sogno e spero che scambiarsi il “Buon Natale” non sia solo un suono vocale d’obbligo, ma espressione di cuori che riscoprono la centralità del festeggiato: Gesù Cristo! E allora, solo allora, si potrà capire la forza di quegli inscindibili binomi: Culla-Croce; Betlemme-Gerusalemme.
+ Lucio M. Renna
Vescovo Carmelitano
GESÙ BAMBINO PREGA
In un angolo buio, infreddolito,
sta un bambinello; sembra un po’ smarrito.
Dice tra sé: “Con gioia son disceso,
mi sento emarginato ed indifeso.
Le porte chiuse ovunque ho ritrovato;
e non aprono a Me Verbo incarnato.
Dentro le case si fa grande baldoria
e del Mistero non si fa memoria.
Si beve, si mangia e si festeggia
nelle abitazioni e nella Reggia.
Ma se domandi: chi? Hanno scordato
il nome di chi è festeggiato.
Nella campagna brilla un casolare
dove soltanto Io sento pregare.
Un canto ascolto, dolce e melodioso
dove si loda Dio misterioso
che dalle stelle scende sulla terra,
per spegnere le fiamme della guerra.
E mi commuovo a sentire quelle voci,
mentre lontano scorgo delle croci.
Bambino come sono mi domando
che sono quei supplizi per il mondo.
Poi mi allontano lì, nella brughiera;
mormora il cuore mio una preghiera:
Padre che mi hai inviato, ho obbedito;
e sono qui, nel buio e infreddolito.
Si compia sempre la tua santa volontà,
di dare a tutti pace e libertà”.
+ Lucio M. Renna
Vescovo Carmelitano