la Soprintendenza nazionale per il Piano di ripresa e resilienza ha dato parere negativo a due parchi eolici in diversi comuni al confine tra le province di Lecce, Brindisi e TarantoMauro Ciardo
la Soprintendenza nazionale per il Piano di ripresa e resilienza ha dato parere negativo a due parchi eolici in diversi comuni al confine tra le province di Lecce, Brindisi e TarantoMauro Ciardo
Fonte :La Gazzetta del Mezzogiorno
Con singoli pareri, la Soprintendenza nazionale per il Piano di ripresa e resilienza ha dato parere negativo a due parchi eolici che avrebbero interessato diversi comuni al confine tra le province di Lecce, Brindisi e Taranto, per un totale di 21 generatori.
Il parco eolico più grande, da 14 aerogeneratori della potenza di sei Megawatt ciascuno, era stato proposto dalla società Enel green power Italia e si sarebbe esteso nei comuni di Salice Salentino, Veglie e Guagnano (in provincia di Lecce), San Pancrazio Salentino ed Erchie (in provincia di Brindisi) e Avetrana (in provincia di Taranto). Un impianto che a regime avrebbe fornito una potenza complessiva di 84 Megawatt da immettere nella rete elettrica nazionale.
Quello più piccolo, da sette aerogeneratori anche questi da sei Megawatt ciascuno, sarebbe stato impiantato tra i comuni di Veglie, Salice, Erchie e San Pancrazio. In questo caso la richiesta era stata formulata dalla Iron Solar.
Nell’ambito delle procedure di valutazione Via (valutazione di impatto ambientale) e Vas (valutazione ambientale strategica), l’ente di tutela che fa capo al Ministero della cultura ha esaminato nel dettaglio le proposte, rilevando però molti aspetti critici.
Alcuni aerogeneratori ricadrebbero in prossimità di canali naturali sottoposti a vincolo idrogeologico, in particolare nelle località «canale Iaia», «Masseria Campone» e «Masseria Grassi», tre torri eoliche sarebbero troppo vicine alle aree boschive di Nardò, Porto Cesareo, Cellino San Marco, San Pancrazio, Salice, Veglie, San Donaci ed Erchie, mentre altre pale sarebbero vicinissime (anche 50 metri) a terreni in cui è emerso materiale ceramico a seguito di indagini archeologiche. Il tutto in un contesto dove le testimonianze culturali sono abbondanti.
Alcuni generatori del secondo progetto poi, sarebbero troppo vicini al villaggio agricolo di Monteruga di Veglie, su cui lo scorso agosto è stato posto il vincolo architettonico, e a Castello Monaci di Salice, che ha lo stesso vincolo dal 1998.
«In un ambito rurale a vocazione prettamente agricola – hanno messo nero su bianco i funzionari della Soprintendenza – connotato da un sistema fitto di valori paesaggistici e culturali integri, si introdurrebbe un sistema tecnologico estraneo e fuori scala. Si imporrebbe come elemento di forte trasformazione e alterazione della percezione visiva della struttura paesaggistica fruibile».
La Provincia di Lecce, il Gal Terra d’Arneo, diverse associazioni e comitati, e i comuni di Veglie e Salice, va ricordato, si erano opposti ai progetti, puntando sullo sviluppo agricolo e culturale del territorio, caratterizzato da vigneti di eccellenza.
«L’area di intervento si connota per la presenza di un articolato mosaico colturale – hanno aggiunto gli esperti del Ministero – e occorre richiamare il concetto di “tutela della prossimità”, con riferimento alle bellezze panoramiche considerate come quadri e ai punti di vista o belvedere accessibili al pubblico. La compromissione della relazione di intervisibilità tra le evidenze insediative – hanno aggiunto – andrebbe a inficiare una futura valorizzazione integrata dei beni. Questa – suggeriscono – potrebbe muoversi sfruttando efficacemente l’antica direttrice costituita dalla “via Sallentina”, che ora attraversa un paesaggio in gran parte immutato nella sua stratificazione storica, così come il “limitone dei greci” (un’opera bizantina che, come tracciato viario, avrebbe segnato il confine del Salento, ndr)».