Salento, dilagano truffe agli anziani: in azione 2 bande specializzate Li chiamano i «reati della solitudine»
Salento, dilagano truffe agli anziani: in azione 2 bande specializzate Li chiamano i «reati della solitudine»
Fonte : La Gazzetta del Mezzogiorno -Fabiana Pacella
– Si chiamano reati della solitudine. Un’espressione più lunga rispetto a una più banale «truffa», necessaria per andare alle radici di un allarme sociale diffuso. Perché le vittime sono anziani il cui tempo scorre lento tra le mura di casa. Siamo sempre troppo di corsa per andare a trovare i genitori o i nonni, o gli anziani vicini di casa, fermarci a parlare con loro e accettare che sì, restano i vertici della famiglia ma perdono smalto e vanno accuditi.
Reati della solitudine e dei tempi dunque, le truffe agli anziani che dilagano a Lecce e provincia. Una decina di colpi, una banda o forse due. In azione batterie specializzate e gestite dai vertici criminali, composte da squadre che arrivano dal Lazio e dal Napoletano e s’appoggiano a basisti locali. Che conoscono vita, morte e miracoli delle vittime.
Chiaro l’identikit della vittima-tipo: una o in coppia, età tra i 75 e i 90 anni, presenza di un telefono fisso in casa su cui far transitare le chiamate della banda, liquidità. Sull’altra sponda, i truffatori: gruppi di due o tre persone, una spesso donna. Abbigliamento elegante, parlantina sciolta, modi gentili. Nel mezzo, la fiducia, carpita, tradita e abusata.
Sul fronte della punibilità restiamo nell’alveo dei reati minori, episodi che transitano veloci nelle cronache dei giornali e che determinano, quando vengono individuati, qualche giorno al fresco per i responsabili. Che tornano puntualmente, statistiche alla mano, a delinquere nello stesso campo. «Precedenti per reati specifici», l’espressione a corredo dei curriculum di questi galantuomini.
Se non c’è spargimento di sangue però, resta l’allarme sociale, elevatissimo, coperto talvolta solo dalla vergogna e dall’umiliazione delle vittime stesse. Le vittime sono tali tre volte: del reato tout court, del vulnus irrimediabile alla sacralità degli affetti più intimi, della noncuranza e della velocità con cui si dimentica, assuefatti alla frequenza, rassegnati ai numeri, deresponsabilizzati.
Le ultime settimane a Lecce e provincia registrati colpi ai danni di persone di 75, 77, 85, 92, 88, 93 anni. La polizia ha arrestato un truffatore campano di 20 anni, i carabinieri un altro di 45.
Canovaccio sempre uguale. Una chiamata per dire che un nipote o un figlio è rimasto coinvolto in un incidente e necessita di denaro per evitare guai, l’arrivo di un’avvocatessa annunciata al telefono e incaricata di ritirare la somma, poi il vuoto non solo delle tasche ma dell’animo, in cui le vittime si ritrovano dopo aver capito cosa è successo.
Se c’è una parziale emersione del fenomeno è solo grazie alle denunce dei figli che scoprono i raggiri in cui sono incappati i genitori. Tutto il resto è silenzio, vergogna, crollo di certezze messe su a fatica nei percorsi di una vita. Per questo repressione e prevenzione dello Stato non bastano. Non bastano gli arresti, le indagini, gli incontri pubblici.
Vanno rafforzate le radici di un tessuto sociale claudicante, che delega a terzi perché «non ci riguarda». Quegli anziani sono i nostri zii, i nostri genitori, i nostri nonni. Saremo noi, in alcuni casi. E una società civile non delega, opera. Meno social è più sociale.