In smart working per sempre: cosa cambia nel 2022 per i lavoratori pubblici e privati
In smart working per sempre: cosa cambia nel 2022 per i lavoratori pubblici e privati
Fonte TODAY economia
Lavoro agile, smart working, lavoro da remoto, telelavoro. Chiamatelo come vi pare, lo smart working è arrivato per restare, anche se le modalità sono tutte da definire. C’è un decreto che prevede per il 15 ottobre il ritorno in presenza dei dipendenti pubblici, mentre nel settore privato il quadro è frammentato. Dal 31 dicembre può cambiare tanto
Andrea Maggiolo
Smart working, lavoro agile, lavoro da remoto o il buon vecchio telelavoro. Chiamatelo come vi pare, ma lo smart working è arrivato per restare, anche se le modalità sono tutte da definire. C’è un decreto che prevede per il 15 ottobre il ritorno in presenza dei dipendenti pubblici, mentre nel settore privato il quadro è molto frammentato. Vediamo cosa è già cambiato sul fronte dello smart working e che cosa caèmbierà in futuro per i lavoratori italiani, magari già nel 2022.
Lo smart working è arrivato per restare
In Italia il dibattito sullo smart working è spesso superficiale, si parla quasi solo degli effetti deleteri che lo smart working ha avuto su non pochi esercizi commerciali che puntavano forte sui lavoratori in pausa pranzo, costretti (non sempre riuscendoci) a reinventarsi, concentrandosi sulle fasce orarie serali: qualcuno l’ha ribattezzata “economia del tramezzino”. L’equiparazione tra smart working e “fannulloni” è poi il “non detto” sottointeso in molti discorsi sul tema, anche a livello istituzionale.
Il ministro Renato Brunetta da settimane insiste per superare definitivamente lo smart working e riportare al più presto i dipendenti pubblici in ufficio, riducendo progressivamente al 15% la quota di lavoro da casa. Il ministro critica l’efficacia del lavoro da remoto: “È un lavoro a domicilio all’italiana. Su Wikipedia in inglese si dice che è un lavoro self service, all’italiana, da casa. Pensare di proiettare questo tipo di organizzazione nel futuro mi sembra un abbaglio. È nata nell’emergenza, è stata costruita dall’oggi al domani spostando l’organizzazione del lavoro pubblico dalla presenza al remoto, a casa, senza contratto, senza obiettivi, senza tecnologia”. Non solo, in questo anno e mezzo, dice Brunetta, la modalità “non ha garantito i servizi pubblici essenziali. Quelli li hanno garantiti i lavoratori della sanità, medici e infermieri, i lavoratori della sicurezza, carabinieri e poliziotti. I lavoratori in smart working non hanno affatto garantito questi servizi”.
Chi riteneva che le nuove esigenze lavorative introdotte all’epoca del Covid-19 avrebbero portato tutte le aziende della Penisola a decidere di ridurre l’orario lavorativo “in presenza”, rimarrà forse deluso. Ci sono però realtà del settore privato che hanno già implementato lo smart working e intendono mantenerlo con alte percentuali anche al termine dell’emergenza sanitaria: Poste, Unicredit, Bnl, Vodafone, Enel tra le altre.
A livello normativo, esiste la legge del 2017 che ha introdotto lo smart working nel nostro ordinamento, dopo che nel 2015 la cosiddetta legge Madia ne aveva previsto una iniziale sperimentazione. Se il rientro in ufficio dal 15 ottobre per i dipendenti pubblici è un dato di fatto, nel privato dovrebbe cambiare tutto davvero solo a fine anno, nel caso lo stato d’emergenza non venga prorogato dopo il 31 dicembre 2021. Lo stato di emergenza è una sorta di cornice giuridica per il regime semplificato per lo smart working nel privato. Fino a Capodanno i datori di lavoro possono attivare lo strumento unilateralmente, senza l’accordo individuale previsto dalla “normale” legge ordinaria.
Tutte le cose da sapere sullo smart working
Ecco una serie di informazioni, forse banali ma non per tutti scontate, sul presente e sul futuro del lavoro da casa. Non serve il green pass, mai, per alcuna tipologia di smart working. Infatti il certificato verde è una misura che serve a preservare la sicurezza sul luogo di lavoro. Ma le Faq del governo chiariscono che lo smart working “non può essere utilizzato allo scopo di eludere l’obbligo di green pass”.
Per i lavoratori pubblici in vista del 15 ottobre, la data cerchiata in rosso sul calendario per tornare in presenza, si attende un decreto ad hoc della Funzione pubblica che preciserà le modalità del rientro, insieme alle Linee guida realizzate con il ministero della Salute per le verifiche sul Green Pass e la gestione del nuovo obbligo. Facile ipotizzare che ci saranno comunque orari flessibili in entrata e uscita.
Nei prossimi mesi ai vari tavoli dei rinnovi dei contratti nazionali dei dipendenti pubblici si parlerà anche di smart working, ma bisogna per l’appunto attendere i nuovi contratti nazionali per avere regole di carattere generale. Fino ad allora farà fede l’intesa individuale tra dipendente e amministrazione. Le amministrazioni dovranno organizzarsi in base alle esigenze, poi attraverso il Piano integrato della Pa che assorbe il Piano organizzativo del lavoro agile (Pola) e che andrà definito entro il 31 gennaio 2022, si dovrà prevedere, per le attività che si possono fare da remoto, che almeno il 15% dei dipendenti possa sfruttare l’opportunità.
Nulla esclude che un accordo individuale di smart working possa essere anche a tempo indeterminato. Come specifica oggi il Sole 24 Ore, “l’intesa individuale dovrà indicare le giornate dedicate al lavoro a distanza e quelle in cui è prevista la presenza in ufficio, fissare le modalità di esercizio del potere direttivo e di controllo del datore di lavoro ma anche le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore» nei periodi della giornata in cui il lavoro non potrà fare capolino”.
Le fasce dello smart working
Anche in smart working si mantiene la possibilità di essere contattati via telefono o mail, salve sempre le 11 ore consecutive di riposo da assicurare a ogni dipendente a prescindere da quali siano i turni di lavoro. Il confronto sul tema tra Aran e sindacati è ancora allo stato embrionale. Probabilmente ci sarà una corsia preferenziale per lo smart working per i portatori di handicap, i caregiver o chi ha bambini piccoli fino a 3 anni di età.
In futuro nel privato e nel pubblico lo scenario più diffuso sarà quello del lavoro ibrido, un mix tra lavoro in presenza e da casa. Il confronto con le parti sociali porterà nel settore pubblico a soluzione condivise. Per il destino del settore privato decisivo sarà invece il lavoro della commissione apposita operativa al ministero del Lavoro, con la speranza di arrivare a un accordo quadro nazionale. L’alternativa è una nuova legge che metta ordine e definisca i confini dello smart working.
Un ultimo appunto, non trascurabile. I dati dell’Inail rilevati fino al 31 agosto 2021 evidenziano rispetto all’anno prima un aumento a livello nazionale degli infortuni in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro (+20,6%, da 38.001 a 45.821 casi), che sono diminuiti del 32% nel primo bimestre di quest’anno e aumentati del 59% nel periodo marzo-agosto (complice il massiccio ricorso allo smart working nello scorso anno, a partire proprio dal mese di marzo). Lo smart working aiuta, e di molto, a diminuire gli infortuni in itinere e a decongestionare il traffico nelle città: meno incidenti.