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Covid 19 Il dott. Salvatore Pungente medico in prima linea a Piacenza

 

Covid 19, parla medico in prima linea a Piacenza: «sono volontario da Francavilla al Nord»

Il dott. Salvatore Pungente con dodici anni di esperienza nell’emergenza e altri nell’ospedale di Francavilla Fontana

Fonte  Gazzetta del Mezzogiorno

Federica Marangio

03 Aprile 2020

 

«L’unico modo per sconfiggere la paura è non pensarci, aiutando chi ha davvero bisogno». È il motto di Salvatore Pungente, medico chirurgo con dodici anni di esperienza nell’emergenza e altri anni di servizio nell’ospedale di Francavilla Fontana. Ha deciso di raggiungere i colleghi che lavorano senza sosta nelle strutture maggiormente colpite per gravità e numero di pazienti Covid. Fa parte degli 80 volontari della task force permanente voluta dalla presidenza del Consiglio dei ministri, di concerto con la Protezione civile e su proposta del ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia.

Dopo un primo briefing a Roma mercoledì sera con il commissario della Protezione civile, Angelo Borrelli, Pungente è arrivato a Bergamo a bordo di un Boeing 737 della Guardia di Finanza insieme con i 34 colleghi destinati nelle regioni Lombardia ed Emilia Romagna. Gli altri colleghi presteranno servizio, 15 in Trentino, 22 in Piemonte, 8 nelle Marche. A Bergamo, una volta congedati il generale di brigata della Guardia di Finanza e il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa, i medici hanno raggiunto le destinazioni su un autobus dell’Esercito. Pungente, 46 anni, è operativo da ieri sera nel Pronto soccorso del Policlinico di Piacenza. Nel suo trolley ha sistemato con cura «la famiglia, San Giuseppe Moscati e San Pancrazio. Tutto il resto potrei acquistarlo ovunque. Quella è la mia vita». La difficoltà più grande è stata spiegare alle figlie di 8 e 13 anni questa scelta. «Immaginate un campo pieno di lupi che circondano tanti agnellini. Papà deve andare ad aiutarli. Alcune persone in questo momento sono come agnellini impauriti dai lupi e non hanno nemmeno la forza di chiedere aiuto». Un abbraccio lunghissimo e via in camera a prepararsi.

 

La durata dell’incarico è di tre settimane, ma Borrelli durante il briefing a Roma, dopo che tutti i medici sono stati sottoposti al tampone, ha annunciato che «certamente alcuni di voi vorranno rimanere ancora». Il suo desiderio di «sporcarsi le mani» e aiutare è grande, ma, pur senza vacillare, si lascia andare ad un commento. «Spero di essere all’altezza. Il commissario Borrelli ci ha fatto sentire parte di una grande famiglia, quella della Protezione civile. Tutti uniti, tutti per uno, uno per tutti. Lo ha ripetuto così tante volte e io so che è davvero così. Solo insieme possiamo uscire da questo tunnel».

La decisione di far parte della squadra di volontari che dal Sud porta soccorso ai colleghi del Nord, oramai stremati da giorni di lavoro serrato e psicologicamente devastante, è maturata in fretta. «Ho temuto di provare paura dinanzi alle immagini restituite dai telegiornali e allora ho capito che dovevo andare. Il mestiere di medico è una scelta di vita. Ascoltare Borrelli mi ha fatto comprendere che finalmente ero nel posto giusto al momento giusto».

 

Nel curriculum inviato alla Protezione civile forse non lo ha scritto, ma il suo contributo nell’associazione «L’Ambiente che vogliamo», racconta un po’ la sua personalità. Cittadino impegnato nel volontariato, medico, padre e autore di due libri – «Homo Acciaccatus, poesie per sorridere dei propri malanni» e «Odisseo nella selva oscura» – , si sforza di vivere la sua professione «a 361°. Quell’1 è il cuore, l’unico che fa davvero la differenza».

 

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