DENUNCIA SULLE SEMPRE PIÙ AMPIE DISEGUAGLIANZE ECONOMICHE, SOCIALI E GEOGRAFICHE IN CUI VIVONO I MINORI, CON DATI REGIONALI E PROVINCIALI.
DENUNCIA SULLE SEMPRE PIÙ AMPIE DISEGUAGLIANZE ECONOMICHE, SOCIALI E GEOGRAFICHE IN CUI VIVONO I MINORI, CON DATI REGIONALI E PROVINCIALI.
Fonte: Brindisi Report
“Infanzia a rischio”: in Puglia un minore su 4 in condizioni di povertà relativa
L’atlante 2021 realizzato da Save the children. In Puglia meno di un bambino su 10 (9%) usufruisce di asili nido o servizi integrativi per l’infanzia finanziati dai Comuni. I dati nel Brindisino
In provincia di Brindisi il 22,2 percento dei bambini di scuola primaria frequenta la mensa scolastica: è il dato migliore fra tutte le province pugliese, ma comunque parecchio distante dalla media nazionale del 56,1 percento. Questo uno degli indicatori sulla base dei quali Save The Children ha realizzato la dodicesima edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, dal titolo “Il futuro è già qui”, con una forte denuncia sulle sempre più ampie diseguaglianze economiche, sociali e geografiche in cui vivono i minori, con dati regionali e provinciali.
“Da molti anni – si legge in una nota dell’organizzazione – si dice che l’Italia non è un ‘paese per bambini’, ma a questo punto, dopo qualche decennio di lento declino, sembra quasi diventato un paese in cui l’infanzia è ‘a rischio di estinzione’. Dai tempi del baby boom ad oggi la rotta sembra infatti essersi clamorosamente invertita: una marcia indietro che ha travolto la curva demografica e l’ascensore sociale, sempre più in caduta libera e che rischia di trascinare il futuro delle giovani generazioni e del Paese intero”.
Anche in Puglia la fotografia dell’infanzia non è delle migliori: più di 1 un minore su 4 vive in condizioni di povertà relativa. Gli “early school leavers” – cioè ragazzi tra i 18 e i 24 anni che non studiano e non hanno concluso il ciclo d’istruzione – sono il 15,6 percento e i Neet – giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non sono inseriti in alcun percorso di formazione – raggiungono la percentuale del 29,4 percento. In entrambi i casi, si tratta di percentuali leggermente superiori alla media nazionale (rispettivamente 13,1 percento e 23,3 percento), ma molto lontane da quelle europee (9,9 percento e 13,7 percento).
Le diseguaglianze e la povertà educativa si sperimentano sin dalla primissima infanzia. In Puglia meno di un bambino su 10 (9%) usufruisce di asili nido o servizi integrativi per l’infanzia finanziati dai Comuni, un dato di gran lunga inferiore a quello della media nazionale che si attesta al 14,7%. La spesa media pro capite (per ogni bambino sotto i 3 anni) dei Comuni della regione, per la prima infanzia è di 408 euro ciascuno, un dato tendente al ribasso se si pensa che in Italia si passa dalla spesa di Trento di 2.481 euro fino ai 149 euro in Calabria.
Né il divario riguarda solo la prima infanzia. Anche crescendo, le disuguaglianze non spariscono: in Italia solo il 36,3% delle classi della scuola primaria usufruisce del tempo pieno, con forti disparità sul territorio. Guardando alle province pugliesi, quella meno virtuosa è quella di Bari dove solo il 15,2% dei bambini ne usufruisce, seguita da Taranto (15,8%) e poi da Lecce (19%) e Foggia (19,8%). La provincia di Brindisi tocca il 26,3 percento, ma tutte sono ben lontane dalla media nazionale del 36,3%. Anche per le mense scolastiche, le disparità si notano: in provincia di Brindisi la frequenta il 22,2%, a Lecce il 18,2%, a Foggia il17,2%, a Bari il 16% e infine, a Taranto, la meno virtuosa, il 13,9% a fronte di una media nazionale del 56,1%. Sempre in ambito scolastico, fra il 49,5 e il 66,1 percento degli alunni del Brindisino non hanno preso parte alle prove Invalsi al grado 13.
Complessivamente In 15 anni in Italia la popolazione di bambine, bambini e adolescenti è diminuita di circa 600 mila minori e oggi meno di un cittadino su 6 non ha compiuto i 18 anni. E nello stesso arco di tempo è dilagata la povertà assoluta, con un milione di bambine, bambini e adolescenti in più senza lo stretto necessario per vivere dignitosamente. Un debito demografico, economico e soprattutto un debito di investimento nelle generazioni più giovani, che ha travolto tutto il paese: tra il 2010 e il 2016 la spesa per l’istruzione in Italia è stata tagliata di mezzo punto di Pil, e si è risparmiato anche sui servizi alla prima infanzia, le mense e il tempo pieno, lasciando che, allo scoppio della pandemia, i divari e le disuguaglianze di opportunità spianassero la strada ad una crisi educativa senza precedenti