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L’AFFAIRE AUTOSTRADE a cura del Preside prof. Luigi Pranzo

L’AFFAIRE AUTOSTRADE

a cura del Preside prof. Luigi Pranzo

Tra il 1996 ed il 1998 il Governo Prodi avviò la privatizzazione della gestione autostradale, gestite fino ad allora dall’ANAS. In quell’epoca fu prevista una concessione fino al 2038. Prodi fu costretto a questa concessione a causa dell’enorme debito pubblico che gravava sull’Italia a seguito dell’adesione alla moneta unica. Il Governo D’Alema regolò la privatizzazione effettiva, così nel 1999 l’IRI vendette autostrade. Una parte, il 30%, fu acquistata da Benetton, gli unici a presentare un ‘offerta di 2,5 miliardi di euro ed in quell’epoca quella moneta, per l’Italia , era davvero ossigeno. Il Governo Gentiloni nel 2018 estese la concessione ad Autostrade per l’Italia dal 2038 al 2042 a fronte della realizzazione della gronda di Genova con il nulla osta dell’Unione Europea. Da premettere che nella privatizzazione di un monopolio, ha sostenuto giorni fa sulla stampa Riccardo Ruggeri, il prezzo della concessione è irrilevante, quel che conta sono le clausole. E nei contratti, sostiene sempre Ruggeri, chi compera e stende i contratti ha vinto; chi vende ha perso ed il contratto per questa concessione fu steso, purtroppo, dai compratori. Ora, tra martedì e mercoledì del 14 e 15 luglio 2020, dopo due anni di trattative, abbiamo appreso che, finalmente, la quota detenuta dai Benetton dentro autostrade, nel corso di un anno si ridurrà notevolmente, mentre la Cassa Depositi e prestiti diventerà il principale azionista. A conclusione della trattativa, il Presidente Giuseppe Conte ha dichiarato che è stata scritta “ una pagina inedita nella storia del nostro paese “. I partiti di governo hanno sottolineato che, “ l’interesse pubblico ha avuto il sopravvento sugli interessi privati “. Si è detto che, con l’esclusione degli imprenditori veneti, le cui quote azionarie scenderanno sotto il 10%, finalmente i poteri forti sono stati messi alla porta. Non è chiara però, la ragione per cui le azioni di Atlantia ( è una società per azioni, quotata in borsa, che gestisce le infrastrutture di trasporto autostradale, tra i cui azionisti ci sono anche i Benetton ) siano immediatamente schizzate al 26,6 %, quando, fino a qualche giorno fa, gli investitori hanno cercato di disfarsene a qualunque prezzo. Enrico Zanetti, ex viceministro dell’Econmia, ai tempi di Matteo Renzi, ha detto che il governo si è dimenticato di spiegare quanto costerà allo Stato italiano questa trattativa; non ha spiegato chi finanzierà gli investimenti previsti per la messa in sicurezza della rete autostradale; non ha detto a quanto ammontano i debiti pregressi ( pare 14 miliardi ) e soprattutto quanti miliardi dovrà risarcire ai Benetton. E’ vero che i Benetton non saranno più i padroni di autostrade ma non avranno più né debiti né obblighi perché i guai saranno caricati sulla Cassa depositi e Prestiti, ossia sullo Stato Italiano. Intanto, fa rabbia pensare che una persona che ha ritirato un istante prima il biglietto al casello autostradale per pagare il pedaggio, muoia un momento dopo, per colpa dell’avidità di chi gestiva quella concessione. Persone normali, a mio modo di vedere, dopo la caduta del ponte Morandi, avrebbero avuto tutto l’interesse a velocizzare qualunque accordo per scappar via da quel brutto affare, anche perché il business lo avevano fatto in modo molto interessante in 20 anni di mala gestione. Ora, invece, con l’accordo dell’altra notte sono stati premiati e si giustifica abbondantemente la rivalutazione insperata delle azioni di Atlantia.

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