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Pannelli solari obbligatori sulle case e pompe di calore: il piano Ue per dire addio al gas

Pannelli solari obbligatori sulle case e pompe di calore: il piano Ue per dire addio al gas
Fonte Brindisi Report
Per il caro-bollette le famiglie europee spenderanno 300 euro in più all’anno almeno fino al 2025. Bruxelles punta su fotovoltaico residenziale, idrogeno e gnl
L’obbligo per tutti i nuovi edifici e quelli che consumano più energia di dotarsi di pannelli solari. E, laddove possibile, di pompe calore e accumulatori. Più in generale, l’obiettivo è che entro il 2030, la metà dei consumi energetici europei devono essere coperti da fonti verdi. È quanto prevede il piano che la Commissione dovrebbe svelare mercoledì 18 maggio, ribattezzato RePowerEu.
Il piano, già preannunciato all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, vuole “ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili russi accelerando la transizione pulita e unendo le forze per ottenere un sistema energetico più resiliente e una vera Unione dell’energia”, si legge nella bozza riportata da diversi media. Sul primo punto, si tratta di sostituire gas e petrolio importati da Mosca, almeno in buona parte. Sul secondo, la questione è come evitare che la stretta sull’import energetico dalla Russia si traduca alla fine nella semplice sostituzione di un fornitore fossile con altri produttori di gas e petrolio. E qui entrano in gioco la strategia sulle rinnovabili e quella sull’idrogeno.

Pannelli solari e pompe di calore
Prima della guerra in Ucraina, la Commissione aveva lanciato Fit for 55, un piano che prevedeva che almeno il 40% dell’energia consumata nell’Ue provenisse da fonti verdi entro il 2030. Adesso, l’ultima bozza di RePowerEu potrebbe alzare l’asticella fino al 50%, sotto la pressione delle lobby ecologiste che chiedono di sfruttare il momento storico per accelerare sulla transizione energetica. Per farlo, i riflettori sono puntati prima di tutto sugli edifici: secondo Bruxelles, è qui che l’Ue riversa quasi la metà dei suoi consumi energetici. Le parole chiave per ridurre consumi e dipendenza da gas sono panneli fotovoltaici e pompe di calore.

“Gli Stati membri – si legge nella bozza – dovrebbero istituire programmi di sostegno nazionali per garantire un rapido e massiccio dispiegamento di energia solare sui tetti negli edifici a partire da edifici ad alto consumo energetico”, afferma il documento. Per edifici ad alto consumo energetico, il piano cita quelli dalla classe D in sù, il che, per esempio in Italia, vorrebbe dire mettere mano alla stragrande maggioranza del patrimonio immobiliare residenziale. Tanto più se verrà introdotto l’obbligo per nuovi edifici e quelli più energivori di installare i pannelli entro il 2030.

“Gli Stati membri dovrebbero anche mobilitarsi per installare l’energia solare in tutti gli edifici pubblici idonei, dagli uffici amministrativi alle scuole”, si legge ancora nel piano. Inoltre, Bruxelles indica che “se del caso, questo sforzo deve essere combinato con la ristrutturazione del tetto e l’implementazione di accumulatori di energia e pompe di calore”. Il riferimento alle pompe di calore è vago, ma ci sono Paesi come l’Olanda, che proprio in queste ore ha presentato un piano per vietare la vendita di caldaie a gas a partire dal 2026. Una strada che anche Bruxelles potrebbe percorrere.

Idrogeno
C’è poi il capitolo dell’idrogeno. Il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans, ha anticipato nei giorni scorsi che l’obiettivo di RePowerEu dovrebbe essere di raggiungere almeno 20 milioni di tonnellate di idrogeno all’anno, tra quello prodotto nell’Ue e quello importato. Il succo, però, è anche capire di che idrogeno parliamo: c’è quello “blu”, che proviene dal gas naturale e che viene ripulito dalla Co2. E poi c’è quello “verde” che invece viene prodotto da eolico e solare. In entrambi i casi, servono infrastrutture di trasporto e stoccaggio: l’attuale rete di gasdotti, assicurano da tempo a Bruxelles, potrebbe essere convertita per trasportare l’idrogeno. È chiaro a tutti, però, che rispetto alle rinnovabili, il gas goda di un vantaggio competitivo nel breve termine. Per questo, il piano della Commissione è di accelerare la costruzione di parchi eolici e pannelli solari obbligando gli Stati membri a designare zone “go-to” con standard ambientali meno stringenti e procedimenti burocratici più snelli per l’approvazione accelerata.
Il Gnl
Connessa in qualche modo alla strategia sull’idrogeno, c’è quella sul Gnl, il gas naturale liquefatto, che con lo scoppio della guerra in Ucraina e i propositi di tagliare i rifornimenti dalla Russia, è diventato il nuovo eldorado del business fossile. Gli Stati Uniti si sono impegnati a far arrivare nell’Ue ben 50 miliardi di metri cubi di gnl all’anno entro il 2030, e 15 miliardi già nel 2022. Dal canto suo, Bruxelles e diversi governi nazionali stanno stringendo accordo con altri fornitori di Gnl in giro per il globo: il problema non è solo far arrivare le navi cariche di gas liquefatto, ma soprattutto far scaricare tale gas e farlo girare nella rete Ue raggiungendo i luoghi più dipendenti dai gasdotti russi.
La Germania, per esempio, finora non ha un terminale portuale per rifornirsi direttamente di Gnl. A tal fine, RePowerEu prevede una serie di progetti per rendere più facile il trasporto : modifica dei requisiti tra Francia e Germania sull’odorizzazione del gas per motivi di sicurezza; collegare i gasdotti che vanno dalla Germania all’Europa centrale alle importazioni di Gnl; migliorare le interconnessioni in Polonia; e un nuovo collegamento dalla Grecia, che può importare Gnl, al resto d’Europa.
Un Recovery 2.0?
Fin qui, le prospettive per il futuro, sui cui dettagli bisognerà comunque attendere i negoziati tra i diversi portatori di interessi e le istituzioni Ue e nazionali per avere un quadro più chiaro: il piano di Bruxelles, infatti, dovrà passare le forche caudine del Parlamento Ue e dei Paesi membri. Ma ci sono due grandi questioni da affrontare nell’immediato e che richiederanno tempi di decisione decisamente più rapidi: come pagare RePowerUe, e come affrontare il caro-gas, che dovrebbe restare a livelli elevati fino al 2025, secondo le previsioni degli esperti.
Per il primo punto, Bruxelles prevede investimenti extra pari a 195 miliardi di euro da qui al 2027, secondo le indiscrezioni del Financial Times. Si tratta di una cifra enorme, circa un terzo dell’intero Recovery fund. Dove trovare queste risorse? La Commissione stima che con l’attuazione di RePowerEu ci sarebbe un risparmio annuale di 84 miliardi di euro complessivi per le casse dei 27 governi Ue. Per coprire il resto, la bozza del piano invita gli Stati membri a rimettere mano ai propri Pnrr, riformulando i progetti già concordati con Bruxelles. Secondo le indiscrezioni, Bruxelles potrebbe proporre di utilizzare anche i prestiti Ue, previsti dal Recovery fund, ma che non sono stati ancora richiesti da alcuni governi, come la Spagna. Ma tale suggerimento non farebbe contenta l’Italia, che a differenza di Madrid ha già programmato di usare tutti i prestiti del Pnrr. Ecco perché in queste ore da Roma arrivano richieste per un Recovery 2.0 dell’energia, dopo quello per il Covid. Ossia, l’Ue dovrebbe emettere nuovo debito comune.
Tetto al prezzo del gas
In parallelo a queste discussioni, la prima emergenza è senza dubbio quella del prezzo del gas. Bruxelles stima che le famiglie Ue pagheranno in media 305 euro in più all’anno da qui al 2025. Per farvi fronte, la Commissione ritiene che gli Stati membri debbano agire con “misure fiscali o normative” come la tassazione dei profitti extra delle compagnie energetiche e usare le risorse così ottenute per “finanziare misure mirate e temporanee a sostegno delle famiglie e delle imprese vulnerabili”. Una misura che l’Italia ha già intrapreso e che, secondo Roma (e non solo), non basta.
Il nostro governo, insieme a Spagna e Francia, ha da tempo proposto un tetto Ue sui prezzi del gas. La risposta di Bruxelles è stata finora fredda, anche perché i ministri delle Finanze di Olanda e Germania sono contrari. Nel piano RePowerUe, pare che vi sia una piccola apertura su questa richiesta, ma limitandola solo al caso “a uno shock per la sicurezza dell’approvvigionamento del gas”, quale un’interruzione della fornitura russa. Sempre nell’ipotesi di uno shock di questo tipo, la Commissione dovrebbe proporre il ricorso a un razionamento del gas “negli Stati membri meno colpiti a vantaggio degli Stati membri più colpiti”.

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