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Per la “Festa dei Nonni – 2 ottobre 2020 –

 

Per la “Festa dei Nonni”
– 2 ottobre 2020 –
A cura di Nicola Muscogiuri
“Gli Angeli non possono essere ovunque, così Dio ha pensato di creare i Nonni”…..proprio così era scritto su una piccola targhetta in cartoncino, sorretta ai lati da due simpatiche figure di uomo e donna d’età antica, intravista qualche giorno fa in un negozio di articoli da regalo. Istintivamente la lettura di quelle semplici frasi hanno prodotto una dolce emozione ed ho trovato molto pertinente quell’espressione riferita alle care Persone che sono i Nonni/e. Successivamente e nell’imminenza della “festa dei Nonni”, preso anche da curiosità interessata giacché Nonno felice, ho voluto sapere ancor di più su questa buona e opportuna ricorrenza. In Italia è stata introdotta nel nostro ordinamento civile con la Legge 159 del 31 luglio 2005, con lo scopo preminente di ricordare l’importanza di queste Persone nella nostra società. Quindi, in maniera molto significativa, anche le Istituzioni pubbliche ufficialmente hanno voluto evidenziare l’importante ruolo svolto nella collettività dei Nonni/e, riconoscendogli il grande valore educativo e d’esperienza formatosi nella lunga esperienza di vita vissuta. Sicuramente avranno anche considerato di quanto i Nonni siano trasmettitori di tradizioni e valori di appartenenza, nonché custodi del patrimonio delle memorie familiari. E penso che nessuno più di loro, possa dimostrare quanta importanza rivestano nella vita di ogni persona due virtù che, purtroppo, oggi sono pochissimo praticate: pazienza e prudenza. Chi ormai ha vissuto abbastanza, conosce per esperienza diretta l’importanza di queste due grandi qualità umane, perché sono quelle che aiutano a dare il ritmo giusto ad una vita spesso senza freni morali, sempre intensa ed oltremodo ostentata. Come data fu scelta quella del 2 ottobre, e fu ben ponderata, in quanto la Chiesa cattolica in quel giorno ricorda gli “Angeli custodi”. Con medesima sensibilità fu deciso che il fiore da abbinare a quella ricorrenza, non poteva che essere il “non ti scordar di me”, proprio perché i Nostri non dovrebbero essere mai dimenticati, anche quando il buon Dio decide di portarli in un’altra storia di vita senza fine. Pure la musica è scesa in campo per dare il suo artistico contributo e così il bravo cantautore Walter Bassani scrive quello che di fatto è diventato l’inno ufficiale della festa dal titolo molto significativo: Tu sarai… Nel testo, fra l’altro, viene riportato: “tu sarai un uomo migliore, se porterai i Nonni nel cuore….perchè lo sai quegli occhi sinceri, sono i bambini di ieri”. Penso sia anche interessante sapere che, l’idea di un giorno nazionale da dedicare ai Nonni è venuta per prima ad una casalinga americana, sig.ra Marian Mc Quade, la quale all’epoca era mamma di 15 figli e nonna di 40 nipoti (correvano gli anni ’70). Moltissimi adulti senz’altro ricorderanno di aver più volte sentito: “sarai il bastone della mia vecchiaia”…e lo dicevano i genitori avanti con l’età ai figli ancora in erba; sicuramente mai avrebbero pensato che in seguito sarebbe arrivato il giorno in cui “i nuovi anziani” diventavano loro il sostegno della gioventù, con i figli prima ed i nipoti poi. E mai avrebbero potuto immaginare che, complice il progresso, la vita degli attuali Nonni, poteva cambiare tantissimo rispetto al loro passato. E’ ormai innegabile che oggi si ha una vita più lunga ed attiva che, senz’altro, per molti versi aiuta a mantenere rapporti più giovanili con i propri nipoti. Anch’io mi trovo nella condizione di Nonno relativamente giovane, ma lo stesso ho potuto constatare la diversità di ruolo dal “Nonno patriarcale”, vissuto in un tempo ormai remoto e pieno di quella cultura e saggezza espressione di una cultura e di un mondo contadino ormai definitivamente scomparso. L’essere stati sfiorati da quel modo di vivere, anche attraverso attendibili testimonianze famigliari, oggi ci consente ricordare ed avere molti rimpianti di quello che c’era una volta: il tempo con il suo incedere lento che scandiva le stagioni, i figli numerosi ma più educati, le donne più sentimentali e più devote, le mamme più presenti e affettuose pur oberate da mille faccende, gli uomini forti forgiati dall’asprezza della vita ed umili al contempo, amicizie serie e più durature, parenti e vicini di casa più solidali e tanto altro ancora. Quando qualche anno fa, novello Nonno di un bel bambino, un mio amico giovane sposo mi chiese cosa si provasse in questa nuova condizione, confesso che mi trovai avaro di parole, però carico di emozioni forti ed inesplorate e riuscii a dirgli soltanto: è qualcosa che non so descrivere, ma è meraviglioso. E’ un qualcosa mai provato prima e man mano che si prende consapevolezza della novità, si avverte che è un qualcosa di diverso rispetto a quando sono nati i propri figli. Il mestiere di Nonno/a, come peraltro quello di genitori, non si impara a scuola, ma sul campo della quotidianità ed è bello constatare che l’esistenza di queste nuove Creature allontana quel paventato tramonto mentale che, seppur a piccoli passi, sembrava ormai avviato. Pertanto, non solo e soltanto servizi di sostegno alle famiglie dei propri cari, ma soprattutto premura ed attenzione verso i più piccoli, mettendosi così nuovamente in gioco ed in discussione, seppure pacata ed fortemente responsabile. Quando ero ragazzino mi piaceva tantissimo andare a trovare “lu nonnu mia”, del quale per antica tradizione torrese ne avevo preso il nome. Abitava lontano dal mio rione e per arrivarci a piedi partivo dalla “strata ti la cabbina” (via Mattei), passavo dalla via Garibaldi per la vecchia “chiazza cuperta”, vicino a “lu Castieddu”, ed arrivavo così alla sua piccola casetta di fine via San Rocco. All’epoca (correvano gli anni ’60) le poche macchine circolanti non destavano preoccupazioni ai genitori ed erano sicuri che mai nessun adulto avrebbe fatto del male ad un bambino. Viveva solo in casa, ma i figli/e gli avevano affiancato un altro nipote, dopo la scomparsa della povera Nonna, per fargli compagnia durante la notte. Appena mi scorgeva esclamava contento: “nipoti mia beddu” e per la gioia gli si illuminava il simpatico faccione dal naso grosso e con tanti minuscoli solchi nelle pelle che ne testimoniavano la lunga esposizione al sole durante il duro lavoro nelle campagne; anche le orecchie, ricordo, erano fuor di misura e a me piaceva toccarle, senza che Lui manifestasse alcun fastidio. Qualche volta lo scoprivo che fumava con evidente soddisfazione un sigaro che, anche quando quasi finito, lo metteva tutto in bocca dalla parte accesa ed io mi chiedevo sempre come facesse a non bruciarsi la lingua. Quiru Nonnu mia, nonostante la sua età, che all’epoca non sapevo decifrare perché da ragazzini tutti gli adulti si percepivano come già vecchi, era ancora forte e robusto; con ogni stagione al suo vestiario non mancava il classico gilè, dove dal taschino sinistro pendeva una catenella a cui era attaccato un orologio a cipolla col coperchio in metallo, che si apriva per far vedere il quadrante delle ore. Il mio sguardo però indugiava sul taschino di destra, aspettando con ansia che mettesse le dita per estrarne la cinque e qualche volta anche la dieci lire. A quel punto con la solita raccomandazione di stare attento per strada, mi congedavo dal Nonno e dopo avergli dato l’immancabile “bacio a pizzichilli”; mi involavo sulla strada di ritorno a casa, dove prima di arrivarci passavo ad “investire” i soldini avuti nella “putea ti lu Punpiliu ti lu Purpu” all’inizio di via Roma, con l’acquisto di un gelatino a limone, oppure “alli “putei ti la Maculata Nuciddara o ti la Ntunietta Maizza” di vicino alla Chiesa Madre, per l’acquisto di qualche altra “cosa toci”. Nel concludere queste umili riflessioni, un saluto ed un pensiero ideale arrivi a tutti i Nonni(e) compaesani, compresi quelli che per varie ragioni hanno dovuto lasciare la nostra Torre: possano anche essere d’auspicio, affinché questa bella ricorrenza continui sempre più a rappresentare per tutti Loro un “attestato di riconoscenza e d’amore”.
Nicola Muscogiuri

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