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Quando credevamo alla Befana…

Quando credevamo alla Befana…

A cura di Nicola Muscogiuri

Con ingenuità di bimbo son cresciuto,
poi con tempo abbastanza vissuto
a quella favola non ho più creduto.
Ma ancora ne ricordo l’infantile magia
che portava gioia e sana allegria.
A memoria si imparava la canzoncina
come da vecchia usanza contadina:
“la Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte,
il cappello alla romana,
viva viva la Befana”.
Sull’albero di Natale appendevo la letterina,
che chiudevo in una colorata bustina.
La sera prima s’andava a letto presto
perché dai grandi ci veniva richiesto.
Appena una preghiera e il sonno arrivava
anche per l’ansia che l’accompagnava.
La Befana aveva tanto da  lavorare,
sui tetti delle case con la scopa a volare
e nessun bambino doveva disturbare.
Dicevano che dal camino scendeva,
che molto prima già si spegneva
così il sacco dei regali non s’accendeva.
Io sempre la bicicletta gli chiedevo
ma chissà come…mai la ricevevo!
C’era il solito fucile con un colpo in canna
che trovavo vicino alla povera capanna.
Un anno anche la pistola con tubetti e tamburo
e per strada mi sentivo forte e sicuro.
Alle femminucce la bambola arrivava,
tutta vestita, però ancora non parlava
ma come figlia finanche si allattava
e con le amiche a spasso si portava.
A volte per tutti qualcosa di vestiario,

ma anche penne, matite ed un diario.
Se un bambino male si era comportato
anche del carbone vero veniva trovato
ed era perché capisse di essere più educato.
Ma il cuore di mamma,  poi di nascosto
qualcosa gli faceva trovare in un altro posto.
E nella calza del Papà di grezza flanella
mandarini, noci e qualche caramella.
Al mattino per strada era una festa paesana

ed ogni ragazzo sfoggiava il regalo della Befana.

Accadeva cosi con tanta semplicità,

ma c’era in tutti gioiosa serenità,

che nessun ricco dono c’è la riporterà!!!

Nicola Muscogiuri

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